Continuano i disordini a seguito del Golpe in Birmania del 1 febbraio. Le forze di sicurezza del Paese asiatico occupano ospedali e università a caccia dei dissidenti.
Golpe in Birmania: militari cercano dissidenti negli ospedali. I fatti.
Negli ultimi giorni si conferma l’escalation di violenze e repressioni da parte delle forze armate birmane.
Sordi agli appelli internazionali alle proteste della popolazione, i militari portano avanti i rastrellamenti dei dissidenti anche negli ospedali.

L’iniziativa dei responsabili del golpe in Birmania è stata presa nel fine settimana. I testimoni sostengono che i soldati hanno iniziato ad occupare ospedali e università nella città di Yangon.
Questa mossa, che ha suscitato clamore e sdegno in Birmania come nella comunità internazionale, è stata attuata in previsione dello sciopero generale generale indetto dalle sigle sindacali per protestare contro il colpo di Stato.
James Rodehaver, funzionario dell’ufficio dell’Alto Commissario ONU per i diritti umani, ha affermato che almeno 5 ospedali, 4 a Yangon e uno a Mandalay, sono stati occupati dalle forze di sicurezza birmane alla ricerca di dissidenti.
Il gruppo Medici per i Diritti Umani ha fermamente condannato “l’invasione e l’occupazione di ospedali pubblici e la forza eccessiva usata contro i civili”.
Golpe in Birmania: militari cercano dissidenti negli ospedali. Gli scontri della scorsa settimana.
Sebbene la Birmania sia nel caos dal 1 febbraio, giorno in cui la presidente Suu Kyi è stata destituita dai militari, nella scorsa settimana è stato registrato il bilancio più pesante in termini di morti e arresti.
Lo scorso mercoledì le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti disarmati uccidendone 38 in tutto il Paese.
Attualmente il numero delle persone arrestate dall’inizio dei moti sono 1700 e di questi solo 500 sono state scarcerate.
Oltre ai manifestanti sono stati presi di mira anche i giornalisti, 6 di loro sono stati fermati per reati come diffusione di false informazioni e incitamento alla disobbedienza.

La situazione in Birmania sta peggiorando sempre di più, ogni appello internazionale viene ignorato dai militari che stanno vietando alla popolazione l’uso dei media e dei social per evitare che vengano diffuse testimonianze delle violenze in corso.
La legittima presidente Aung San Suu Kyi è tuttora in arresto con diversi capi di imputazione e un esponente del suo partito è morto in carcere in circostanze misteriose.